Tuesday, December 20, 2005


il tempo stringe e non c'è più tempo per le indecisioni, tanto per pentirsi delle scelte fatte ci sarà comunque tutto l'anno prossimo. le classifiche dei migliori album del 2005 secondo il titolare di questo blog sono qui sotto. prima però vi segnalo gli italian blog music awards (via inkiostro) e disco bravo 2005 (via enver) dove potete contribuire con il vostro voto ad altre interessanti classifiche di fine anno.

i 5 migliori album italiani del 2005 secondo negrohp:

5. Offlaga Disco Pax / Socialismo Tascabile
il disco più fuori dagli schemi dell'anno, passato in una manciata di mesi dal giro di passaparola dei blog alla copertina di rumore. presenza quasi obbligata nelle indie-classifiche di fine anno, ai primi ascolti lascia in genere spiazzati. poi - abituatisi alla prosa declamatoria di max collini, fatto caso ai testi spesso geniali, apprezzato la cura nelle chitarre e nelle casiotone - o li si odia o li si ama. io li ho amati, anche se non tanto da metterli al primo posto.

4. Franklin Delano / Like a smoking gun in front of me
post folk from bologna, ma potrebbe essere from chicago. un disco che fa dimenticare di essere italiano, come spesso si dice appena uno canta in inglese. ma stavolta è vero, verissimo e anche l'etichetta non ha solo un nome inglese ma è statunitense sul serio, di chicago appunto. in ogni caso, da esserne orgogliosi.

3. Amari / Grand Master Mogol
hip-hop con testi generazionali da studenti fuori corso e fuori sede, condito con influenze indiepop e indietronic: il gruppo cool da ascoltare per essere cool in questa fine d'anno. se tutti i pezzi fossero come i 4-5 migliori, potrebbe essere il mio disco dell'anno. così com'è, no - ma comunque il cd l'ho ordinato. e anche due spillette.

2. Yuppie Flu / Toast Masters
per quello che rimane per il sottoscritto il miglior gruppo italiano, un album moderatamente di svolta: via buona parte dell'elettronica, via buona parte della tristezza, un album rock frizzante e primaverile, chitarroso, catchy, potente quando serve e con solo qualche brano più psichedelico che rimanda agli yuppies di qualche anno fa (yuppie flu at the zoo più che days before the day). irresistibile quando le temperature erano più alte, è rimasto troppo sullo scaffale in questo autunno per potergli dare il primo posto. ma scommettiamo che tornerà fuori dall'armadio appena sarà passato l'inverno?

1. Baustelle / La Malavita
dopo la deludente prova (a mio modo di vedere) di "la moda del lento", i baustelle passano su major, vanno in rotazione su mtv e sulle radio nazionali e tutto questo senza svendersi neanche un po', ma approfittandone invece per una produzione ricca, con gli archi e tutto, ma lo stesso sporca e indie al punto giusto. se ciò non bastasse, azzeccano un capolavoro come "la guerra è finita", legano il concept dell'album alle atmosfere da malavita anni '70 e da "romanzo criminale" e con testi limati e personalissimi arrivano fino alla milano degli anni 2000. i confronti con il "sussidiario" potrebbero durare mesi, ma a questo nuovo, ambizioso album è difficile trovare un difetto.

i 10 migliori album stranieri del 2005 secondo negrohp:

10. dEUS / Pocket Revolution
da me attesissimo dopo aver scoperto i deus solo un anno fa, il nuovo album della band belga a ben sei anni dal precedente "the ideal crash" mi ha entusiasmato all'inizio e poi è sceso lentamente in graduatoria: qualche ottima canzone, ma non vale i precedenti tre dischi - neanche sentire i pezzi dal vivo è servito a farmi cambiare idea. comunque nella top ten.

9. Bright Eyes / Digital Ash in a Digital Urn
dei due dischi usciti in contemporanea a gennaio per conor oberst aka bright eyes, questo è quello più elettrico e più cupo. in giro mi pare sia stato apprezzato di più l'album gemello "i'm wide awake it's morning", acustico folk cantautorale, ma io ho trovato più ricco ed emozionante questo, con le sue ritmiche sintetiche e i curati suoni elettronici - e una scrittura, nella musica e nei testi, di un'efficacia innegabile.

8. Franz Ferdinand / You Could Have It So Much Better
esattamente come mi era successo per gli strokes, è servito il secondo album - bistrattato da molti, ma non da tutti - per farmeli apprezzare. contrariamente al primo, ci sono i pezzi tirati ma anche i lenti (spesso azzeccati): più complessità e anche più maturità. un gran gruppo, dopo tutto.

7. Eels / Blinking Lights and Other Revelations
non ho mai capito fino in fondo gli eels. c'è qualcosa che rimane per me misterioso e insondabile nel loro stile e nella loro musica, forse nascosto tra la barba di mark everett e il suo minimale nickname "e". ma in questo doppio album prolisso ed insieme accessibile c'è tutto il compendio necessario per amarli. e per ripromettersi di ascoltare prima o poi per intero anche i lavori precedenti.

6. Arab Strap / The Last Romance
non è un nuovo "monday at the hug & pint" ma poco ci manca. più suonato, niente drum machine, ma sempre atmosfere rarefatte per il duo scozzese, con canzoni in bilico tra low-fi da sbronza e melodie invincibili. in più, c'è un pieno di ottimismo e di testi romantici. dagli arab strap. non c'è altro da aggiungere.

5. Bloc Party / Silent Alarm
sono stati i primi quest'anno a farci ballare con quell'indie danzereccio che ha conquistato l'inghilterra e poi a ruota i meglio informati sul suolo italico. dopo 12 mesi e forse 120 album che potremmo catalogare nello stesso genere, senza contare la versione remixata del loro stesso disco, "silent alarm" è rimasto là dove merita: nei dischi che comunque vada saranno ricordati.

4. Supergrass / Road to Rouen
probabilmente se avessi sentito i precedenti dischi dei supergrass, questo album non sarebbe in classifica. ma li ho scoperti quest'anno e questo lavoro breve (9 tracce, meno di 40 minuti), pulito, intenso, mi ha conquistato. un gruppo che, senza rinnegare le radici britpop, ha saputo crescere ed evolvere con classe non comune. 0% moda, 100% stile.

3. Sigur Rós / Takk...
i sigur rós non possono ormai più contare sull'effetto novità del loro sound così fuori dal comune ma sanno sempre coniugare con classe il post rock etereo proveniente da pianeti lontani con l'alternative più familiare all'ascoltatore medio europeo. stavolta forse più che mai in passato, con una sezione ritmica che in qualche recensione ha fatto esageratamente citare i coldplay - ma non ci siamo neanche così lontani. non all'altezza del loro capolavoro agaetis byrjun ma pur sempre un volo mozzafiato sui panorami ghiacciati e sereni dell'islanda, a portata di play.

2. Maximo Park / A Certain Trigger
arrivati alle orecchie come l'ennesimo gruppo britannico pronto a sfruttare la moda dell'indie wave, e ormai in questi casi si parte un po' prevenuti, i maximo park sono entrati in testa e anche un po' nel cuore con una manciata di canzoni davvero belle, con l'understatement di chi parte da newcastle e non pensava di arrivare così lontano, con testi più sinceri, intimisti e malinconici della media, con un album che cresce invece di stancare. in definitiva, con una personalità che manca alla maggioranza dei loro concorrenti. li balleremo ancora a lungo.

1. Sufjan Stevens / Illinois
al netto di tutto l'hype e delle next big thing c'è questo cantautore americano che, forse scherzando e forse no, ha detto di voler fare un disco per ogni stato degli stati uniti d'america. questo è il secondo ed è un disco folk che se piace non è per moda o per entusiasmo di una stagione, ma perché è bello. sufjan racconta con talento un'america vecchia e nuova con l'arte affabulatoria di un cantastorie e un mix di melodie perfette accompagnate da percussioni pacate, banjo, fiati... fate partire la prima traccia - "Concerning the UFO sighting near Highland, Illinois" - quando alla fine della giornata vi accingete a tornare a casa e nel freddo invernale e nella sera ormai buia ascoltate quell'attacco di pianoforte: il mondo vi sembrerà un posto, se non migliore, perlomeno più ricco di poesia.